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Forme della molteplicità: sciami e serie



L'arte contemporanea sembra fortemente attratta da una specifica forma della molteplicità, di cui vorremmo qui tracciare una breve genealogia concettuale e offrire una vivida illustrazione. Molti artisti infatti ricorrono al tema della moltitudine, nel senso sia del brulicare di organismi viventi, di segni, di oggetti, di concetti, sia dell'organizzazione formale in serie, schemi fissi e rigide geometrie. Da dove trae l'arte contemporanea questi topoi ricorrenti e ormai parte integrante del discorso estetico? Sul piano morfologico – questa è la nostra proposta interpretativa – l'archetipo della moltitudine è una forma duplice: lo sciame e la serie, categorie che, nella società di massa, diventano chiavi teoriche per decodificare la contemporaneità.

In primo luogo troviamo, già nell'arte preistorica, lo sciame, il brulicare di insetti e piccole forme viventi (formiche, api, farfalle, larve), ma anche, fuori dal regno strettamente entomologico, greggi e mandrie brade (uri, gazzelle, bisonti, cavalli selvatici ecc.), banchi di pesci e stormi d'uccelli: insiemi apparentemente caotici legati da un misterioso e sottile chimismo, comunicanti grazie a richiami fisiologici immateriali, che Gabriel Tarde ha riunito, in piena epoca positivista, sotto la definizione di “mimetismo” e “leggi dell'imitazione”, dando così avvio alla riflessione scientifica e teorica dell'etologia e della psicologia sociale novecentesca. Dal punto di vista epistemologico, però, solo le geometrie non-euclidee e le matematiche irrazioniali, lo studio dei frattali da parte di Mandelbrot, le teorie dei giochi ecc., pur non esaurendone la spiegazione scientifica, hanno iniziato a comprendere le leggi che regolano quegli insiemi amorfi, i quali tuttavia rimangono ancora inafferrabili, almeno nel loro funzionamento e nella loro misteriosa dinamica interna.

Nel regno infinitamente piccolo della microbiologia si assiste a un fenomeno analogo, ossia alla cosiddetta proliferazione, la cui scoperta è molto più recente e risale alla modernità e alla rivoluzione scientifica: l'invenzione dei primi microscopi risale al XVII secolo (Galileo ne costruì uno celebre), ma lo strumento viene perfezionato tecnicamente solo alla fine del XIX secolo, in concomitanza cioè con la nascita dell'arte contemporanea propriamente detta. Con la scoperta della proliferazione di microbi, vibrioni, virus e batteri, nonché della composizione degli umori corporei, che trova però de facto nello sciame il suo prototipo visibile, l'estetica del microscopico e delle moltitudini caotiche e casuali, come si può notare in numerose opere esposte in fiera, si è propagata all'arte in maniera evidente e ha influenzato l'estetica novecentesca in misura non ancora del tutto esplorata.

Un altro tipo di proliferazione e sciame si riscontra nel dominio dell'infinitamente grande, ossia l'astronomia: il cielo stellato è sempre stato simbolo di moltitudine infinita, disordinata, in cui porre ordine attraverso l'osservazione, la speculazione astrologica o i calcoli matematici, rudimentali o raffinatissimi, dei primi astronomi neolitici (nordici, mesoamericani, cinesi e mesopotamici), in quella che potremo definire la prima palestra scientifica dell'umanità. La serie dedicata al cielo stellato di Addamiano (Con le Stelle, 2012) offre un esempio mirabile di sguardo puramente contemplativo, primordiale, perso cioè nel caos dello sciame celeste.

Addamiano, Con le Stelle, 2012
olio su tela, 67x55,5 cm
courtesy Dep Art, Milano
ArtVerona pad. 10, stand E8

In secondo luogo, al polo diametralmente opposto, troviamo invece la serie, la molteplicità rigidamente organizzata e incasellata in schemi geometrici, secondo criteri ragionati, che trova una fonte di ispirazione estetica nella geologia, e in particolare nella cristallografia, e una perfetta lettura costruttivista nei lavori rigorosamente seriali di Hans Jörg Glattfelder (Pyr 349, 1974). Anche in questo caso, l'organizzazione della complessità naturale, degli insiemi caotici, informi e spesso inquietanti, in ordinamenti comprensibili, semplificati e perciò rassicuranti è un fenomeno già attestato nell'arte paleolitica. La mente dell'homo sapiens tende poi a registrare, conoscere e ricordare – come mostra con estrema delicatezza Dadamaino fin dal titolo della sua opera L'alfabeto della mente (1978) – incasellando tutte le informazioni provenienti dall'esterno, che investono l'individuo come sciami di dati, come sollecitazioni sensoriali e cognitive sempre più frequenti al crescere della complessità sociale: una dinamica illustrata con graffiante asprezza da Paolo Grassino nell'opera intitolata Travasi (2007).

Hans Jörg Glattfelder, Pyr 349, 1974
acrilico su polistirene, 50x50 cm
courtesy Galleria d'Arte L'Incontro, Chiari (BS)
ArtVerona pad. 10, stand A8-B7 

Dadamaino, L'Alfabeto della Mente. Lettera 10,  1978
china su tela sintentica 32x15 cm
courtesy Dep Art, Milano
ArtVerona pad. 10, stand E8

Paolo Grassino, Travasi, 2007
resina, cemento, alluminio, 182x80x53 cm - 134x66x72 cm
Courtesy Eduardo Secci Contemporary, Firenze
ArtVerona pad. 10, stand A3

La rigida serialità, tuttavia, ha almeno tre grandi declinazioni nella pratica dell'artista contemporaneo. Anzitutto, la serialità può essere “standardizzazione”, specie nella società del consumo massificato e degli oggetti prodotti da macchine automatiche e riproducibili tecnicamente. Le lattine Campbell di Andy Warhol (1972) sono ormai icona globale di questo fenomeno, benché il “modello” universale resti indiscutibilmente il denaro sotto forma di banconota, stampata con il suo numero di serie e in quantità ormai incommensurabili dalle rotative di tutte le banche centrali. In questo senso, il prodotto della zecca americana, il dollaro creato ex nihilo dalla Federal Reserve, che rivive nella fotografia di Jefferson Hayman, supera di gran lunga, sul piano concettuale, qualsiasi altro prodotto di consumo chiamato in causa dalla pop art. La seconda declinazione della serialità è ben rappresentata dalle nature morte di Giorgio Morandi che, analogamente ai pittori russi di icone – i quali per tutta la vita riproducevano sempre e solo la stessa immagine sacra, alla ricerca della sua essenza divina e della sua trascendente perfezione – segue un percorso di mistica ripetizione, dove la serialità ha valenze sostanzialmente religiose. Infine, la ricerca della serialità può assumere i tratti dell'ossessione, come nella serie di ambigue educande presentata da Greta Frau.

Andy Warhol, Campbell's Soup, 1972
ready-made
courtesy Galleria Accademia, Torino
ArtVerona pad. 10, stand C16-D15

Jefferson Hayman, One Dollar
stampa ai sali d'argento, Ed. 7/25, 19,5x17 cm
courtesy PH Neutro, Pietrasanta (LU)
ArtVerona pad. 11, stand I16-L15

Giorgio Morandi, Grande natura morta circolare con bottiglia e tre oggetti, 1946
acquaforte, 25,9x32,7 cm
courtesy Galleria d'Arte Cinquantasei, Bologna
ArtVerona pad. 10, stand A14-B13 

Greta Frau, Trancia I 275
courtesy L'Ariete artecontemporanea, Bologna
ArtVerona pad. 11, stand F7


Un ultimo, interessante gruppo di opere tematizza invece la soglia di indistinzione tra sciame e serie, vale a dire l'attimo o spazio liminare, nel quale lo sciame anarchico viene ordinato, diventando spazio organizzato, geometrico e seriale; oppure nel quale la serie di disgrega, tornando insieme indistinto, proliferazione disorganizzata. Una soglia può essere infatti percorsa in entrambe le direzioni e articolarsi in innumerevoli e complesse varianti, di cui la presente selezione intende dare parzialmente conto attraverso due esempi.

Il primo esempio considera le soglie puramente formali: qui la forma “serie” si disgrega, si dinamizza, brulica e prolifera progressivamente fino a sparire e dissolversi nello sciame. Lo si vede chiaramente in alcune carte geografiche di Michael Gambino, in particolare Europa (2013), dove le farfalle – stabili e coese all'interno delle diverse frontiere nazionali – al confine con la Russia entrano in fibrillazione e il territorio sfuma in una zona concettualmente imprecisa, facendosi moltitudine indistinta. Un'analoga tensione tra serie e sciame si percepisce nell'opera Superficie a triangoli di Edoardo Landi (1964-65), d'ispirazione spazialista, negli origami di Marco Ferri (2011), percepiti dallo spettatore ancora nel loro ritmico movimento, e nei tappeti floreali di terracotta realizzati da Kazumasa Izokami, dove la proliferazione di corolle sembra appena stata domata e circoscritta. Flussi impetuosi di dinamismo caratterizzano anche le matite di Paola Pezzi (2009), le navi di Riccardo Gusmaroli (2011), inghiottite in caotici e oceanici maelström, nonché i grattacieli di Luca Matti (2011).

Michael Gambino, Europa, 2013
farfalle di carta su tela, 100x100 cm
courtesy Colossi Arte Contemporanea, Brescia
ArtVerona pad. 10, stand C10

Edoardo Landi, Superficie a triangoli, 1964-65
cartoncino fustellato e cordonato, 40x40x5 cm
courtesy Francesco Clivio Arte Moderna, Parma
ArtVerona pad. 10, stand C2

Marco Ferri, Per versi certi, 2011
tecnica mista su tavola, 90x123 cm
courtesy Bonioni Arte, Reggio Emilia
ArtVerona pad. 10, stand D9 

Kazumasa Izokami, Camminando in un campo di camomilla, 2013
terracotta dipinta, 59x48 cm
courtesy Galleria d'Arte L'Incontro, Chiari (BS)
ArtVerona pad. 10, stand A8-B7

Paola Pezzi, Palestina, 2009
courtesy Lara & Rino Costa Arte Contemporanea, Valenza (AL)
ArtVerona pad. 10, stand D8

Riccardo Gusmaroli, Vortice nero, 2011
barche di carta su tela, 70x100 cm
courtesy Colossi Arte Contemporanea, Brescia
ArtVerona pad 10, stand C10

Luca Matti, Nuovomondo 13, 2011
bitume e olio su tela, 110x110 cm
courtesy Frittelli Arte Contemporanea, Firenze
ArtVerona pad. 11, stand I7


Il secondo esempio, invece, affronta le soglie linguistiche, semiotiche. Anche il linguaggio infatti è sottoposto alla dialettica di sciame e serie: la lingua deriva dalla confusione indistinta di suoni e segni, che struttura in un plesso organizzato e razionale fatto di grammatica, fonetica, sintassi. Ma nei bambini piccoli, o quando una lingua viene persa, nel senso che cade in disuso, in oblio e viene meno la capacità di comprenderla (il fenomeno delle lingue morte), oppure quando si perde la capacità di parlarla, per esempio a causa di disturbi neuro-linguistici come la dislalia, la balbuzie, la glossolalia (attestata fin dall'antichità classica e nei Vangeli), o in alcune forme di isteria, essa si disgrega, regredendo alla primordiale proliferazione segnica: torna ammasso disordinato e sciame destrutturato di fonemi, parole, lettere e numeri. L'opera di Marc Tobey (1959) mostra chiaramente e con raffinata eleganza proprio quest'alba della scrittura, mentre Jiří Kolář (1970) offre un'impressionante visione di che cosa può diventare una lingua senza ordine né grammatica: un accumulo ermetico di parole esotiche e disaggregate. Il rapporto tra sciame e disintegrazione della scrittura e del suo senso complessivo, condotta attraverso una sistematica e consapevole operazione di censura, emerge con chiarezza, al di là della denuncia e degli intenti critici che implica, in molti lavori di Emilio Isgrò, tra cui Fondata sul lavoro (2010). All'equilibrio precario tra sciame e serie è dedicata anche l'opera di Alighiero Boetti (1988), dove le cose nascono dalla necessità, imposta dalla rigida griglia che definisce uno spazio chiuso e seriale, e dal caso, per via della scelta randomica delle lettere che riempiono quello spazio organizzato, creando una tensione che prelude già all'ulteriore proliferazione delle unità linguistiche elementari. Infine, sulla medesima soglia di indistinzione si colloca anche La spiegazione delle spiegazioni (1976) di Michael Badura. Qui, poco a poco, la lingua della memoria sembra perdere frammenti, tasselli, ossia il proprio nitido ordinamento interno, e i singoli ricordi, come parole slegate e lacere, si disperdono in sciami nel tempo.



Mark Tobey, 1959
tempera su carta su cartone, 27x20 cm
courtesy Cavana Arte Contemporanea, La Spezia
ArtVerona pad. 10, stand A7

Jiří KolářTri Vlajky, 1970
collage e chiasmage su tavola, 100 x 71 cm
courtesy Galleria Open Art, Prato
ArtVerona pad. 10, stand C7

Emilio Isgrò, Fondata sul lavoro, 2010
acrilico su tela montata su legno, 100x100 cm
courtesy Galleria d'Arte Boxart, Verona
ArtVerona pad. 11, stand H8

Alighiero Boetti, Le cose nascono dalla necessità e dal caso,  1988
ricamo su tessuto, 34x33,5 cm
courtesy Mazzoleni Galleria d'Arte, Torino
ArtVerona pad. 10, stand A6-C5


Michael Badura, Die Erklarung der Erklarung, 1976
foto, collage, carta, 135x110 cm
courtesy l'artista e Osart Gallery, Milano
ArtVerona pad. 10, stand E7

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